giovedì 5 settembre 2013

NINE INCH NAILS @ Filaforum di Assago, Milano

28 agosto 2013_ i Nine Inch Nails suonano a Milano, penultima data del tour europeo.

NIN_ 2013















Il livello non è alto, è altissimo.

I suoni sono perfetti, la scenografia vive di vita propria. Il gruppo è giovane, e Trent è in piena forma.

Il contatto è graduale. Il concerto comincia con le luci accese. Uno sguardo veloce tra palco e pubblico. Pochi secondi per osservare chi si ha di fronte. Ma l’esplosione è nell’aria, e le luci si spengono a breve. Che l’esperienza mistica abbia inizio.

La prima mezz’ora è un’overdose di esperimenti. Lenta, morbida e sensuale preparazione alla violenza di repertorio. 

Un’atmosfera densa/dance, tecnica e complessa, in cui le note di Sancitified si mescolano e si confondono, ed è semplice e puro piacere riconoscerle.

La tensione sale ed esplode in una March of the pigs da manuale, seguita da Piggy e da un immancabile boato. Binomio imprescindibile, che racchiude una carica emotiva che non delude mai. Stesso discorso per The frail / The wretched. Alcuni cavalli vincenti, davvero non vanno mai cambiati.

Il ghiaccio è rotto: Terrible lie, Closer, Gave up. Una buona dose di YEAR ZERO, che non guasta. La tecnologia, avanzata, è gestita con maestria e intelligenza.

NIN_ 2009


Mentre i suoni vibrano nelle ginocchia, toccano nervi scoperti mai conosciuti e assumono il pieno controllo sulla gestione dei movimenti, nell’equilibrio di alcune canzoni riconosco la matematica, i numeri, la metrica, ma soprattutto le sovrapposizioni, e i layers. Visualizzo l’organizzazione dei pezzi come disegni di autocad. Immagino suoni blu, suoni verdi, impianto idrico, impianto elettrico. Incastri perfetti nelle combinazioni più complesse. Studio approfondito, metodo e attenzione maniacale. Non c’è niente che sia semplice, e non c’è niente che non funzioni. Poi mi ricordo che Trent è ingegnere.

Dosi di musica in vena, come flebo di vita. Ossigeno.

Wish, Survivalism, The good soldier, Only.

Respiro a pieni polmoni come fosse aria di montagna, e non c’è meditazione che tenga, non c’è preghiera, non c’è santuario, non c’è luogo sacro che regga il confronto. Energia, che si diffonde pura e positiva.

Head like a hole e The hand that feeds you non possono mancare.

Sono le 23:00, e un amico me lo fa notare. (Chiaro che vorrei strozzarlo). Le luci si accendono, e si rispengono, per il gran finale. HURT è il finale, è sempre il finale. È la quarta volta che vedo i NIN ed è la quarta Hurt che ascolto, forse la più emozionante di tutte. Mani sulla pancia, sussurro le parole, e mi godo gli ultimi secondi. 

Trent Reznor, per tutta la vita.




Il concerto è finito, ed io salto ancora. L’età media al Filaforum è sui trenta. Non ci sono orde di ragazzini, né di nostalgici. Mi guardo intorno e vedo solo sorrisi. Entusiasmo diffuso, che si avvia lento verso la Milano di fine agosto. Molti, a dirla tutta, hanno fatto un lungo viaggio. Ne è valsa la pena.

La mattina dopo, appena sveglia, ricevo un messaggio: 
“ma si rifà stasera eh?”
“certo! Stiamo andando a Zurigo?” 
“in capo al mondo!”

Due giorni dopo, invece: 
“Manu, come stai? Piaciuto il concerto? Io sono ancora shockato!”
“io, invece, sono ancora di buonumore!!!”


(e lo sono ancora adesso)


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