venerdì 26 aprile 2013

"VISIONI" da architetti_ Giuseppe Mascolo @ NEA, Napoli


Velocità, ritmo, sintesi. Il video proiettato allo spazio "Nea" di piazza Bellini, a Napoli, in occasione della mostra “Visioni”, (17 aprile 2013) , ha lasciato il segno. Del resto, è proprio di segni che si parla: tracciati, linee, disegni che modificano il territorio; curve, o rette, che delineano gli spazi.  Giuseppe Mascolo, protagonista indiscusso, nella vita e nella galleria, mette in scena i suoi lavori, di architetto, e di artista. Li mette in scena, come solo lui sa fare, col sorriso beffardo di chi sa di avere qualcosa da esprimere.

Complice il suo video-maker, cinematographer Stefano Aletto, (si… proprio come una delle Erinni), che cattura al meglio l’emozione di una creazione artistica e ne coglie, e sottolinea, le sfumature istintive. Una lenta e brevissima introduzione, una sorta di overture: l’architetto che apre la finestra, e guarda ciò che lo circonda, passaggio imprescindibile per poter dare vita ad un qualunque progetto e, soprattutto, per “immaginare concretamente” una città diversa. Un respiro profondo, e la vita inizia. Pervade l’artista, che diventa solo un mezzo. Una carezza veloce e sensuale al tavolo da disegno, sostegno affidabile e compagno di meditazione. La lama scorre a tagliare il foglio, e carta gommata. Gesti automatici, per chi li ha fatti mille volte, e che racchiudono un fascino misterioso. Ci fosse stata la china a sbavare nei momenti sbagliati, il quadro sarebbe stato completo. Ma una biro, e niente china. Penna a sfera, e acquerelli. Comincia lo stato di trance. Giacca e occhiali scuri, la creazione prende vita, senza paura alcuna di sporcarsi le mani.




La colonna sonora è perfetta, e il ritmo si fonde col rumore, o col suono, della penna sul tavolo. Il disegno è pensato dalle mani, e scorre veloce, di certo più veloce dei pensieri. Quando tutto è solo un po’ più calmo, l’acqua chiama dai bicchieri di plastica, e parte il colore. Pochi istanti dopo, il disegno è finito. Le mani sono sporche, lo sguardo soddisfatto.

La visione si è manifestata. Ora, si può anche andare via.




cinematographer_ Stefano Aletto                              
production_ CamerastyloFilm
camera assist_ Palmer Vitagliano
performer_ Giuseppe Mascolo
voce_ Salvatore Castaldo

cartoline autografate



Alle pareti i disegni.

Nello spazio un’installazione in ferro dall’alto della quale, in un’atmosfera suggestiva, il poeta Salvatore Castaldo recita alcuni brani estratti da “Le città invisibili” di Calvino.

A disposizione dei curiosi tavole di progetti. Lo studio si chiama MARASMA studio, ed è gestito dagli architetti Giuseppe Mascolo e Debora Marrazzo.




domenica 7 aprile 2013

BEVIAMO! E' MORTO MIRSILO!


Mi hanno rubato il tempo. Il tempo passato, e il tempo presente, e non posso mettere la sveglia.                
Mi guardo il polso, e mi accorgo che mi hanno rubato il tempo. Già odiavo svegliarmi la mattina poi. 
Mi hanno rubato i primi giorni di Claudia, e le foto dei suoi bagnetti allegri, il verde di una ballistica Ratzinger, e le foto del reading di Ceres. Un’immagine degli occhi azzurri di Alfonso in papillon che scappa dopo la performance. Mi hanno rubato i pupazzetti di Barcellona, le giornate di sole, i musicisti di strada e le persone che scansavano divertite la mia camera. Un pezzo di casa Batllò, residui di Brooklyn park, e l’unica foto che avevo insieme ad un amico. Gli skaters al MACBA, scorci di New York, i Mananers nelle loro sfumature di giallo, gli appunti su Yoroboku presi in aereo, e tanti contatti.  Foto di me su una panchina al sole e di una gigante e disgustosa meringa che addento.



Il calore del sole, certo, lo senti sulla pelle. E una macchina fotografica, per quanto sofisticata, filtra sempre i colori. Tutto è negli occhi, e nel cuore. Ma è ugualmente deprimente cercare un’emozione nel proprio archivio e scoprire che non c’è. Devoluto a mani che di te, e del tuo vissuto, non sanno che farsene.

In un attacco di tachicardia si sciolgono le immagini. Un’emozione esplode la vita, ed è sempre meglio che far esplodere qualcos'altro. Le lasci andare, e un pezzo alla volta senti che ti scomponi.

Un sorriso per reagire a quello che non c’è. Eppure, lo dico ogni volta, io, della gente che sorride sempre, non mi fido.

Il cuore aperto per far entrare le emozioni è una lama a doppio taglio. E calma, e sangue freddo. E lucidità. Sempre. Sono un po’ stanca. Ogni tanto vorrei che qualcuno abbracciasse anche me, e mi dicesse “ Piangi, che poi ti passa” invece di “l’importante è che non ti sia successo niente”. Un momento in cui non succeda niente, poi, non esiste. 

Certo. Sono viva, intera. Le emozioni scorrono, la vita passa, l’energia entra, esce, e, e mi abbandona, e mi abbandonano i colori, e le immagini, e l’entusiasmo. Dall'esplosione di colori al buio. 

Dopo la notte sorgerà il sole. Mi sgretolo un po’ come i vampiri ogni giorno che passa, ma lo faccio entrare, che tanto prima o poi diventerà sempre più caldo, fino a bruciare tutti i pensieri.

Nel frattempo… un quintale di matita nera e vado avanti, e ricostruisco quello che ho perduto, dai frammenti.

Quello che resta, sono solo i frammenti.


E il mio frammento preferito, è stato sempre questo:

Fr. 332 V
"Ora bisogna ubriacarsi e che ciascuno beva a forza, poiché è morto Mirsilo"

anche noto come:

“Beviamo, è morto Mirsilo!”  
[ALCEO, λκαος, Mitilene, Lesbo, 630 a.C. circa – 560 a.C. circa]


[STORIA DI UNA RAPINA A MANO ARMATA SOTTO CASA]

sabato 6 aprile 2013

VENTINOVE, una giornata del cazzo...E IL MONDO NON C'è PIù

Titolo il post per citazioni, se Riccardo Ceres me lo concede, e sintetizzo due emozioni, diverse e difficili da raccontare: quella di aver assistito al  reading natalizio “VENTINOVE, UNA GIORNATA DEL CAZZO”, e quella di aver metabolizzato il suo ultimo disco               “E IL MONDO NON C’è Più”.

Scrivere di un evento di Natale a Pasqua è nel mio stile. Ma il tempo, si sa, è relativo.

E con i tempi lunghi di chi assimila con calma, come l’insulina (retard) che si somministra per la notte, a rilascio lento, a riequilibrare una dolcezza nascosta nel sangue, a cinque mesi dall’uscita del disco, dipendente come da ogni nota che smuova il mio interesse, posso dire di averlo ascoltato molto, e sempre di più. Del resto “quaggiù”, direbbe lui, “siam solo diabetici poeti ed usurai”.

Ben lontano dall’essere, e soprattutto dal voler essere, un fenomeno di massa, accattivante e seducente, mi stupisce ogni volta la facilità con la quale alcune delle sue espressioni mi si ripropongano nelle situazioni più disparate, radicate e inchiodate inconsapevolmente nel cervello delle persone che mi stanno intorno, le quali, già dai primi ascolti, titubanti e diffidenti, non possono fare a meno di assorbirlo e di citarlo.


                                                                                                           
Se l’atmosfera dark si mantiene costante, è senza dubbio più rarefatta rispetto al disco precedente.                
La copertina è bianca, ed è anche un po’ delicata, stordita ormai dalle mie impronte, la dedica un po’ sbavata, e dal continuo sballottamento tra macchina, casa ed ufficio....