martedì 8 gennaio 2013

HENRY CARTIER-BRESSON @ Reggia di Caserta_ (meglio tardi)

BREVE PREMESSA SUI RITARDI (mentali e non).  [Post scritto il 05/01/2013]

4 gennaio
Ore 03:39. Jarmusch club, Caserta. 
"Noi domani mattina andiamo a una mostra" 
"Ah... domani mattina dici? ma a che ora?"    
"A. dice alle 10:00, quindi verso mezzogiorno" 
"ma una mostra... di che? di chi?"     
"Bresson" 
"Chi?" 
"Cartier- Bresson"
 Silenzio. 
"Ah... e chi è??" 
"Un fotografo."                
"Ok. Veniamo anche noi."

Lo so... ieri al Jarmusch c'era qualcuno... ho sentito anche recitare, e suonare un piano. Ma la verità è che sono arrivata tardi. La terza volta dall'inizio dell'anno. E ieri eravamo solo al giorno 4.
Comincio a pensare, a questo punto, che, dopo i motti degli anni precedenti, che recitano rispettivamente:  

" 'o 2010 nun ce l'amma fà chiù c'e sciem" [trad. "nel 2010 ci impegneremo a non frequentare più gli stolti"]
" 'o 2011 "Fuje semp tu/mò te faccio verè io" [trad. "nel 2011 scappa finchè sei in tempo/ma quando è il momento attacca"], e
" 'o 2012 "amma fà sord... ma sord assaje" [trad. "nel 2012 dovremo arricchirci molto"] 

il motto del 2013 "E mò ce n' amma vedè bene" [trad. "e adesso è proprio arrivato il momento di godercela!"] possa quasi, "tranquillamente", prevedere l'aggiunta dell'espressione "MEGLIO TARDI", dove al termine "tardi" lascio la possibilità di attribuire, a seconda delle proprie esperienze ed esigenze personali, la duplice accezione di "in ritardo" e/o quella di "un po' idioti". 

In ogni caso, visto che si tratta del mood 2013, già che dobbiamo godercela, meglio tardi: che non c'è fila, la gente sta andando via, è più buio, c'è più silenzio, la vista è un pò annebbiata, e siamo tutti più rilassati. 

5 gennaio
Ore 10:00. 
"F. ha chiamato. Andiamo? o riprendiamo il coma fingendo di non aver mai avuto alcuna informazione riguardo ad attività mattutine non meglio specificate?"        
"Non sono in grado. Decidi tu. E fammi sapere se mi devo alzare". 
Dieci minuti di silenzio. 
"Ok, alzati. Andiamo". 
Un "ok", il mio, voce rotta, risuona dall'oltretomba.

Ore 12:00. Reggia di Caserta. 
Non parlerò della biglietteria e di quel signore gentile grazie al quale io abbia evitato combattimenti alla Kill Bill il giorno 5 dell'anno nuovo. Sappia, il signore, con la s minuscola, che lo ringrazio, chiunque sia, e ovunque si trovi. 

Giusto per onestà e precisione, quella che non sapeva chi fosse "Bresson" ero io. 
So un po' di cose... ma non le so proprio tutte. 
Quando leggo "Henry Cartier- Besson" sul banner, nel mio cervello si attiva qualche sinapsi, e capisco che non è un nome estraneo al mio database... ma in ogni caso "nun o'sacc'!" [trad. temo di non ricordarmi di chi si tratti]. 

Entro nella Reggia, 10 euro per visitare gli appartamenti e la mostra, e scatto un paio di foto di rito, o di routine, quelle inevitabili che non sono mai belle perché nell’obiettivo non c'entra mai “abbastanza roba”.

Henry Cartier-Bresson. La sua biografia l’ho letta, ovviamente, dopo aver visto la mostra. E non ne parlerò, perché odio le biografie. Schematizzazioni di vite che non servono a niente. A me piace così. Non mi importa chi sia l’artista con cui mi vado a confrontare. Mi importa che mi rimangano nella mente un colore, un’impressione, un sentimento. Meno ne so, più sono contenta, e più spero che mi venga la voglia di conoscere la sua storia, per capirla e poi dimenticarla.

Ed ecco, di seguito, quello che mi ha emozionato della mostra, nonostante il freddo e il sonno, e il freddo da sonno.

Due foto di Matisse: Henry Matisse, 1944. Henry Matisse, Vence, 1944.

Henry Matisse,  1944
Le interazioni tra gli artisti mi affascinano. Molto. Mi piace che i pittori frequentino gli scrittori, che i poeti frequentino i musicisti, che gli scultori frequentino i registi, e che i registi girino documentari sugli artisti. Mi piaceva che i futuristi si scambiassero cartoline di auguri futuriste e cravatte futuriste, e chissà che  ai tavoli dei locali poco fashion nei quali ci ritroviamo di notte non ci siano seduti degli sconosciuti e ancora incompresi Rimbaud o Verlaine, o entrambi. Mi diverte che un fotografo fotografi un pittore, e che poi si allontani dalla fotografia perché lo annoia, e si dedichi al disegno e alla pittura. Una delle mostre più belle che abbia visto nella vita è stata senza dubbio quella di Alphonse Mucha, a Praga, in quale anno non me lo ricordo più. Se penso ai disegni a matita, il mio cervello non riesce a non pensare ai suoi. 

L'Isle-sur-Sorge, 1988

L’Isle-sur-Sorge, 1988. Nel commento si legge che l’autore, al telefono, abbia detto di aver scattato questa foto senza un’intenzione particolare. Da 15 anni aveva perso ogni interesse per la fotografia, dedicandosi alla pittura e al disegno. E la foto, in effetti, sembra soltanto un quadro di Monet.

Una sbirciata veloce ai miei appunti...

"Messa di mezzanotte a Scranno, Abruzzo, 1933"
Tre uomini calvi. “Gufi notturni pietrificati dalla luce” li definisce “Dominique Fernandez”. I cappelli, sull’altare. Un immagine, nello stesso istante, inquietante e quieta.

"Il cardinale Pacelli a Montmartre, 1938"
La folla, in un'armonia perfetta. I personaggi sembrano appartenere alla scena di un film.

"Downtown, New York, 1947" 
Uno scorcio buio. Un uomo, e un gatto. Descrivere New York è sempre superfluo. 

"Parigi, 1961"
Una figura, una strada, e Parigi. Parigi, lo so, è come New York, anche se non ci sono mai stata.

"Diritto alla pigrizia" F1 (i miei amici hanno tutti lo stesso nome, e identificarli con le iniziali è sempre complicato). F1 si avvicina ad una foto: "Terreno comunale, Boston, USA, 1952".          
"Ehy, questa è la nostra foto!". 
Uomini sdraiati sul prato in maniera più o meno casuale e scomposta: diritto alla pigrizia. Sorrido. Proprio ieri raccontavo ad un'amica quanto mi piacesse starmene sdraiata, stramazzata al suolo nella sabbia, capelli non sulla sabbia, ma DENTRO la sabbia. Si.  Abbiamo sempre, tutti, il diritto di piombare a terra quando siamo stanchi, e rimanere sull'erba finchè l'umidità non prenda il sopravvento sulle nostre ossa. 

"Tennesse, USA, 1947"
 Jesus is coming soon. La scritta, incisa su una croce, che domina su un cimitero di auto. 

Tra le più belle, la foto di una donna messicana che porta in giro il suo bambino avvolto in un velo nero, che trasparente e leggero lo protegge come una placenta. Nel nero del velo il rispetto, la serietà e la devozione.

"Siviglia, 1933. Premonizione alla guerra civile"
C'era una volta un libro che avevo trovato in cantina, che si chiamava "Che cos'è la parapsicologia". Libro requisito e sottoposto a consulenza tecnica sui miei presunti poteri paranormali. La mia prof. di storia lo diceva sempre: "Visitatio est quaedam inquisitio"... cazzo [caspiterina] avrei dovuto ricordarmene prima di aprire la porta di casa!! L'inquisizione, comunque, sarebbe stata più gentile. Suppongo che, in un allegro omaggio alla campagna nazista di diseducazione della Polonia, sia stato bruciato come le migliori e rispettabili streghe. 
Si leggeva, in tale manuale tecnico e documentato, che esistesse, negli Stati Uniti, e dove se no, un centro in cui ci si potesse recare per comunicare le proprie premonizioni. Le "testimonianze" dei soggetti che avessero comunicato i loro sogni prima dell'accadimento, sarebbero diventate casi di studio, così come i soggetti stessi. Un po' come al nascondino, bisognava parlare un attimo prima, o qualunque precognizione sarebbe stata considerata non attendibile. 
Cartier-Bresson fotografa dei ragazzini che giocano alla guerra 3 anni prima della guerra vera, in uno scenario di devastazione generale. Casualità, intuito, o premonizione.

e infine...


Marsiglia, 1932
Jim Jarmusch commenta una foto, "Marsiglia, 1932", dichiarando che la foto non abbia bisogno di alcun commento.

Finita la mostra mi guardo intorno negli appartamenti del re: ammiro gli stucchi, cerco di proporzionarmi rispetto ai lampadari, mi interrogo sullo spessore dei vetri delle finestre, e infine osservo le pareti e le porte cercando di capire l'altezza delle stanze. Mi ripropongo, la prossima volta, di tornare con un metro laser. Ad un conto approssimativo, deduco che l'altezza debba essere compresa tra gli otto e i dieci metri. 

no questa non è di Cartier-Bresson, è mia:  Caserta, 2013

Mentre svolgo, assorta, i miei calcoli, mi accorgo che qualcun altro deve aver avuto la mia stessa idea...quando si dice "l'empatia". E da dietro mi arriva una voce, in risposta ai miei interrogativi ancestrali, che afferma: "cà ce iescen tre piani e nu sottotett'!" [trad. considerata l'altezza di questa sala, al suo interno sarebbe possibile ricavarne un edificio di tre piani con sottotetto]

Ecco! Adesso si che mi sento meglio! Del resto, a chi non verrebbe in mente di ricavare dei sottotetti  nelle volte della Reggia di Caserta??!! 

Ahhh! tiro un sospiro di sollievo: menomale che non faccio l'architetto!

oooppppsssss!!! cazzo!! faccio proprio l'architetto!!!

Beh... come dicevo all'inizio... meglio tardi!

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