giovedì 10 maggio 2012

ALL (W)RIGHT! 1071 5th Avenue, NY


1071 5th Avenue, New York, NY 10128-0173.

















Se le parrucchiere crescono col mito di Barbie, i musicisti con quello di Elvis, gli idraulici con quello di Super Mario, gli architetti vengono educati col mito del GUGGENHEIM. Non ha importanza cosa ci sia dentro! 
Che poi ci sia il meglio dell’arte nel mondo in generale, è un dettaglio.

Non esiste un architetto che non abbia impresse nel cervello, indipendentemente dal fatto che possano piacergli o meno, le immagini del Guggenheim di Bilbao e di quello di New York. Si è vero… ce ne sono altri, due, lo sappiamo… sono quattro e si scambiano le collezioni. Ma a noi non “ci” interessa! Quello di Berlino e quello di Venezia, per quanto importanti, non occupano lo stesso spazio nel nostro cervello. Quando arrivi a Bilbao, o in questo caso, a New York, devi andare, come se fossi posseduto, a vedere coi tuoi occhi quello di cui hai sentito parlare troppe volte. Non ti ricordi niente (almeno a me succede cosi). Hai rimosso tutte le informazioni vagamente utili: non sai più quando l’hanno fatto, non sai perché, e non sai come. Ci sono solo due cose che ti rimbombano della testa: l’immagine, e FRANK LLOYD WRIGHT.







Esci di casa, con la mappa sulla quale questi poveracci non hanno segnato i punti più importanti della città, e sulla quale hai dovuto ristabilire tu la scala di valori con l’evidenziatore lilla, e cominci il tuo percorso verso “il mostro”. Non vuoi prendere la metro, e ti sembra vicino. Sai che quei piccoli quadratini coi numerini… 85, 86, 87, in realtà significano chilometri a piedi, ma la verità è che tu vuoi goderti lo spettacolo da lontano, e devi soffrire per arrivarci.

Freddo, poi caldo, poi stanchezza. Arrivi. Tutto è bianco, e tu sorridi. La spirale, come stelle filanti, l’avevi vista mille volte, ma non te la immaginavi così. Il parco di fronte, e una situazione familiare. In una città dove tutto è alto, tutto ti sovrasta, il museo bianco, da elemento alieno al contesto, in fondo ti risulta quasi familiare, attraente come la casetta di marzapane.

















Le sculture di John Chamberlain non riescono ad attirare la mia attenzione, mentre il bianco mi assorbe e le spire mi attanagliano. Una perla perfetta posizionata in un posto riservato, per la gioia di chi riesce ad apprezzarne i dettagli. Un capolavoro che non può non risultare piccolo e raccolto in una città in cui tutto è sovradimensionato e le stazioni di polizia illuminate a festa. Entrati nel tempio, bisogna dimenticare, ed è facile, tutto quello che c’è fuori. Resettare. E godere della bellezza di un’architettura di 50 anni fa. Il disegno del Guggenheim di Wright, finalmente, assume un’immagine definita nella mia mente! 










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